Una pagina di dolore e amore

disegno di Elsa Fucà III B
“Una vena, forse un filo: si è spezzato. Qualcosa è andato perduto, qualcosa inonda i miei battiti di uno strano dolore che riesco soltanto a definire amore, o qualcosa di simile, o qualcosa di più forte. Ci chiediamo così tante volte cosa sia la felicità, come la si possa procurare. La felicità è soggettiva, per me era vedere la persona che amo felice, vedere nei suoi occhi quella luce mediante la mia presenza, con un cuore rosa, con una parola o semplicemente con un bacio. Questo forse è amore o non significa nulla se un giorno mi rende felice e l’altro mi fa spezzare ancora di più. L’amore è così astratto e soggettivo che non si sa nemmeno se possa esistere, e se amare equivale a provare dolore forse vorrei sperare di non provare più nulla. Se le lacrime ogni giorno che passa crescono, se ogni giorno che passa mi allontano sempre di più da me stessa, se ogni giorno che ci si avvicina ci si allontana di più, è davvero amore? Queste lacrime valgono perfino a qualcosa se nella mia testa gli incubi del rifiuto e dell’abbandono prendono tutto lo spazio? Se siamo appesi ad un qualcosa che abbiamo creato e che riusciremo a distruggere? Si chiama amore se ci si sente soli? Si chiama amore se si vuole scappare? Se ci si vuole allontanare? L’amore non è nulla, l’amore non è mai abbastanza. Non la si può chiamare luce se è così debole da potersi spegnere facilmente, non lo si può chiamare amore se è instabile, se non è sicuro, se è doloroso. Il giorno stesso in cui dissi di amare una persona fu il giorno stesso in cui smisi di credere nell’amore, in cui continuai a sanguinare, quel sangue che riuscii a fermare per molto tempo, quel sangue che conosce le vie nella mia pelle graffiata non essendo la prima volta a scorrere. Quel sangue che vorrei annientare, che vorrei cancellare. Vorrei cancellare tutto il dolore che riuscirà a salvarmi, vorrei riprendere i miei colori, forse sono loro a possedere me, forse sono loro a potermi salvare. Sento la mia mano accarezzare la luna, riesco a sentire una sensazione nel petto che mi riscalda e mi congela allo stesso tempo. Accarezzo le costellazioni, la loro luce mi porta in un luogo che prende forma nella mia mente, che crea un presente in cui io sono sorda, non volendo ascoltare le parole che portano spine in tutte le parti del mio cuore che amano; dove le persone sono cieche perché non riescono a vedere, a vedermi, a vederci; dove non sento più i rumori perché le mie grida hanno assorbito le piccole tracce d’amore nella mia sofferenza. L’amore dovrebbe rendere felici, altrimenti si può persino chiamare amore? L’amore dovrebbe portare gioia, sorrisi reciproci, amore. Ma non sempre è così, l’amore può iniziare con il dolore, continuare con la sofferenza e terminare con l’insensibilità, forse con qualche frammento di felicità, di gioia e di amore. Forse certe persone non sono in grado di provare amore perché non gli è mai stato insegnato. Sguardi persi dentro noi stessi, silenzi persi nelle nostre parole piene di promesse, mani perse cercando di unirle. Potrei dire di essere abituata a provare dolore, ma forse non ci si abitua mai, ogni volta è una sofferenza diversa, ogni volta il dolore è così tanto legato all’amore. Preferirei non amare e non provare dolore, ma ciò equivarrebbe a vivere una vita a metà, piatta, o forse no. Forse preferirei scappare così lontano da venire dimenticata da tutti. Forse amare equivale a provare dolore, non si può nemmeno provare dolore se non si ama o se non si vuole amare. Esistono tanti tipi d’amore ma sono soltanto nomi ed etichette che ci fanno scivolare ed incatenare in delle gabbie con le serrature in vetro. Siamo tanti fili d’erba accarezzati dal vento, illuminati dal sole, scossi dalla pioggia e sradicati dalla tempesta. Sento ancora l’odore dei nostri abbracci, leggo ancora quelle parole che vorrei poter cancellare, sento ancora quell’amore e questo dolore, coesistono entrambi nel mio corpo, spero che uno uccidi l’altro per poi uccidere se stesso. Tutti meritiamo amore, tutti meritiamo d’amare, ma non tutti sanno amare. Guardo fuori dalla finestra e riesco a vedere un campo colmo di rose rosa e nere venire pian piano calpestato, selciato, distrutto, cerco di seminare ancora rose, sono sempre di più quelle rosa, quelle nere cadono, io le raccolgo, le stringo e in tutti i modi cerco di curarle, lo farei per altri mille giorni ancora ma quelle rose nere sembrano voler scappare, così sono costretta a prendermi cura solo di quelle rosa. Ma quel giardino è sempre grande, quel giardino accoglierà per sempre tutte le rose nere. Questo è forse l’amore: vedere un pezzo di quella persona in tutte le cose belle, essere pronti a raccogliere i suoi petali anche se continuano a cadere e a morire, quei petali neri si mescoleranno con quelli rosa per divenire un unico fascio di luce in un giardino dell’amore e del dolore. L’amore è soltanto una parole inspiegabile, l’amore è una sensazione che mi chiedo se sia reale.”