LETTERATURA E/È CATARSI

La letteratura, proprio come la lingua, è un fenomeno mobile influenzato da fattori storici, politici e
sociali, oltre ad essere un fatto di comunicazione.
Le sue origini non sono certe, poiché si è sviluppata in tempi e modi differenti nei diversi paesi.
Fino all’ VIII sec. a.C. la scrittura non è attestata, quindi molto probabilmente la composizione, la
pubblicazione, la trasmissione di opere letterali erano orali (oralità integrale) come per esempio la
poesia epica. Con l’introduzione della scrittura ci sono stati dei cambiamenti, tuttavia, non radicali,
infatti a partire dal IV sec. a.C. la composizione avveniva con l’ausilio della scrittura, la
pubblicazione era orale, mentre la trasmissione era scritta. Questa forma mista di oralità e scrittura
prende il nome di auralità, un esempio potrebbe essere il teatro. E in fine a partire circa dal III sec.
a.C. tutte tre le fasi coinvolgevano la scrittura. E così da una fase primigenia basata sull’oralità si
passa ad una civiltà che attestava scrivendo, una civiltà del libro
Le funzioni della letteratura sono molteplici: dall’intrattenimento a quella didascalica, che sia
propria di un mito o di una novella del 300’, per poi passare alla funzione encomiastica, si pensi ad
Ariosto con “Orlando Furioso” o Tasso con “Gerusalemme Liberata”, o, ancora, se volessimo fare
un passo in dietro, potremmo parlare della produzione letteraria di età augustea, che vede la
fioritura di moltissimi autori di generi diversi, soprattutto elegia e storiografia, come per esempio
Virgilio con l’encomio alla gens Iulia nell’Eneide. Periodo che tuttavia non possiamo considerare
completamente rose e fiori, almeno a livello letterario; sicuramente si trattò di una fase basata su
armonia tra potere e artista, eppure vi erano delle forti limitazioni nei riguardi degli autori, come
l’impossibilità di poter condannare il regime-principato, o ancora essere avversi alle leggi di
quest’ultimo, come fece ad esempio Ovidio, esiliato nell’ 8 d.C. perchè nelle sue opere trattava di
amori adulterini, tematica contraria ai principi delle Leges Iuliae, che punivano aspramente
l’adulterio.
La mancanza di libertà di espressione fu evidente anche nella letteratura del ventennio fascista:
Pirandello, che possiede la tessera fascista, quindi per certi versi “accetta” il regime, parla tuttavia
di maschere, afferma la nostra natura di “uno, nessuno e centomila”, si sente quindi coperto da un
“costume”; o ancora abbiamo la nascita dell’ermetismo, caratterizzato da componimenti veramente
sintetici, due-tre versi, manifesti di parole stroncate.
Alla luce di ciò possiamo affermare che le opere appartenenti alla macrocategoria della letteratura
non sono, soltanto, un agglomerato di parole, messe a casaccio; bensì posseggono dei significati,
delle sfumature più o meno difficili da cogliere, si tratti di una poesia o di un poema.
Perché definire la letteratura catarsi? Partiamo dal termine “catarsi” questo deriva dal greco
κάθαρσις che vuol dire liberazione o purificazione. Aristotele lo utilizza nella poetica parlando della
capacità della tragedia di alleviare e far distaccare dall’animo dell’uomo le passioni e le paure. Beh
la letteratura è questo, basti pensare a ciò che si è trattato poco sopra, ai regimi totalitari; in questi
ambienti la letteratura permette di “polemizzare”, sotto velate spoglie, ciò che circonda le persone, e
più nello specifico l’autore di quel componimento; è quindi una valvola di sfogo, o meglio, una
valvola di purificazione dell’anima, che permette di raccontare, ma soprattutto raccontarsi in
ambienti stretti.
Per me la letteratura è l’essenza dell’uomo, una finestra sull’umanità, è ciò che ci parla e ci racconta
la realtà, è unica ed è svago per coloro i quali riescono a farla propria. È un mondo che ci fa toccare
con mano l’esistenza i senso lato, che ci fa scoprire i contatti che legano strettamente l’oggi con ieri.
È una realtà che ti mette in contatto con gli autori, quindi con uomini e donne di un tempo, tanto che
sembra possibile poterci parlare. È un universo, per me, affascinante e magico che mi ha rapita, in
cui è possibile reperire insegnamenti, riflessioni. Detto ciò l’aggettivo che ritengo più opportuno per

descrivere questa nobile attività e che nel greco trova migliore espressione è: φάρμακον (farmaco,
rimedio, soluzine)
Cleide Callari IV Bc