L’influenza giapponese è ormai presente sia in Italia che in tutta Europa. Dove non abbiamo mai visto un
ristorante di sushi, un manga in una libreria o donne indossare un kimono? Questo fenomeno è stato definito
in precedenza dagli storici con il termine “Giapponismo”.
Nel 600 il Giappone si isolò dal mondo intero e chiuse i propri confini e porti ai paesi stranieri, ad eccezione
dell’Olanda. Le frontiere furono riaperte solo nel 1853 con l’americano Matthew Perry. Così in Europa
iniziano ad arrivare: vasi, ceramiche, ventagli, kimoni e, soprattutto, i ukiyo-e (genere di stampa giapponese
su legno). I maggiori incisori di ukiyo-e furono: Utamaru, specializzato in soggetti femminili, Hokusai e
Hiroshige, autori di composizioni paesaggistiche come per esempio “La grande onda”. Il Giapponismo,
nell’800, era un movimento culturale e artistico, fu infatti lo stesso Van Gogh ad affermare:” Vedi, amiamo
l’arte giapponese, ne siamo influenzati tutti, gli impressionisti condividono questa passione”. Manet, Monet,
Degas, Gauguin raffigurano nei loro quadri: ventagli, kimoni oppure quadri con figure giapponesi in sfondo.
Nelle loro opere si evince una risposta secca alla rigidità dei canoni occidentali, che non tolleravano la libertà
di movimento dei soggetti.
Ma oggi il Giapponismo in cosa consiste? Spesso più un paese è conosciuto più verrà “imitato”?
In Italia troviamo la presenza del Giapponismo ovunque, non solo dal punto di vista artistico, ma anche in
moltissimi ambiti che influenzano la quotidianità del Paese. I ristoranti di sushi, ramen, sashimi o altro sono
dappertutto, ma non solo, in molti ristoranti, emblema della tradizionale cucina italiana, troviamo spesso il
termine “alla giapponese”, questo perché si è sempre alla ricerca di piatti non solo belli ma anche sani, leggeri
e sostenibili. Nella moda, soprattutto in quest’ultimi anni, è molto presente l’uso del kimono, infatti le
tendenze giapponesi hanno dato vita a quella che è la “Street Fashion”, cioè “moda da strada”, una moda che
prende ispirazione dai cambiamenti delle persone in epoca in epoca, osservabili con un giro in strada. Le
sottoculture giapponesi hanno dato anche origine alla moda kawaii e dei cosplay (imitazioni reali di
personaggi manga e anime). Nella narrativa si diffondono i manga. Sono un genere di fumetti, con figure
kawaii (termine giapponese traducibile con carino o adorabile), con la lettura da destra verso sinistra e con
tavole in bianco e nero; i giapponesi ricorrono alla creazione dei manga come passatempo principale durante
le ore di pausa. Nell’animazione troviamo l’anime, parola usata come sinonimo di cartone animato giapponese
che consiste, in sintesi nell’animare i manga. Sia gli anime che i manga costituiscono un medium eterogeneo e
variegato. Infatti possono trattare di soggetti, argomenti e generi molto diversi tra di loro e quindi indirizzarsi
a diverse tipologie di pubblico, dai bambini agli adulti, ed è per questo che differiscono dalla maggior parte
dei cartoni animati occidentali. Mai così tanto Giappone anche nello sport in Italia. Probabilmente il primo
esempio che ci salterà alla mente sono le arti marziali che vengono espresse negli sport: karate, judo e kendo.
In conclusione possiamo affermare che “l’Italia incontra il Giappone” e lo fa afferrandone la bellezza, la
raffinatezza della sua arte, della sua letteratura e del suo cibo.