La vera storia di Amore e Psiche

Apuleio (II secolo  d.C) fu uno scrittore, filosofo e oratore romano. Una delle sue opere più famose è “Le Metamorfosi”, che narra una allegoria della alienazione dell’uomo moderno all’interno della famiglia e della società. In quest’opera viene narrata la storia di due giovani: Amore e Psiche.

Questa è una delle storie mitologiche più belle e romantiche perché racconta di un amore ostacolato dall’invidia di una dea e di due amanti che riescono a ricongiungersi nonostante tutte le difficoltà.

In una città vivevano un re e una regina che avevano tre figlie e la più bella tra queste era Psiche. Lei aveva una bellezza paragonabile a quella della dea Venere. La dea era invidiosa di ciò e chiamò il figlio Cupido (Amore) per dirgli di far innamorare la ragazza dell’uomo più vile che esistesse sulla faccia della terra, scagliandogli una delle sue frecce. Cupido però sbagliò mira e colpì sé stesso. Il padre di Psiche consultò l’oracolo di Apollo, che gli consigliò di portare la figlia sulla cima di una montagna sulla quale avrebbe trovato il marito, ovvero Cupido. Lui la portò nel palazzo insieme all’aiuto di Zefiro. Cupido si recava lì la notte per incontrarla ma impediva a Psiche di vedere il suo volto. Psiche, convinta dalle sorelle, riuscì a scoprire il volto del Dio Amore che fuggì subito dopo. A questo punto la giovane, abbandonata dall’amante, iniziò a vagare per i boschi arrivando poi dalle sorelle per raccontar loro lo spiacevole accaduto. Psiche, dopo aver chiesto l’aiuto di altre divinità, decise di affrontare Venere e si recò al suo palazzo per chiedere il permesso di stare insieme ad Amore. Venere acconsentì, a costo che ella superasse quattro difficile prove. La prima consisteva nel separare tutti i semi di un mucchio in mucchietti separati. Nella seconda prova Psiche avrebbe dovuto portare a Venere un pelo di lana d’oro preso dal vello di un gregge di pecore; nella terza doveva recarsi alla sorgente del fiume che alimentava la Palude dello Stige e portare un’anfora di acqua alla dea; l’ultima prova, infine, era quella di portare dall’inferno un frammento della bellezza di Proserpina. Per superare questa prova Psiche aprì il vasetto contenente la bellezza, cosa che le era stata severamente proibita: in un batter d’occhio venne avvolta da una nube di sonno e cadde in mezzo alla strada di ritorno verso il palazzo di Venere. Amore corse in aiuto dalla sua amata e chiese al padre Giove di poterla portare con sé sull’Olimpo. Qui Psiche bevendo dell’ambrosia divenne finalmente immortale. Dall’unione di Amore e Psiche nacque Volupta, dea della bellezza estrema.

Altre versioni differenti da quella di Apuleio narrano che la ragazza sia morta durante la prima prova, altre ancora narrano che la ragazza abbia fallito la prima prova e quindi fu costretta a lasciare Amore. Ma alla fine, il significato di questa storia è chiaro: Amore è il dio del desiderio e Psiche rappresenta l’anima, che solo congiungendosi a lui riesce a raggiungere l’immortalità.

Aurora Frangiamone IIAC