Avatar – La via dell’Acqua: tra fantasia e realtà

Almeno una volta nella vostra vita avrete sentito parlare di Avatar, è infatti uno dei colossi cinematografici degli ultimi vent’anni.

Uscito per la prima volta sul grande schermo nel dicembre del 2009, questo capolavoro diretto dal regista James Cameron, è riuscito in pochissimo tempo a scalare la classifica mondiale dei film con più incassi e più visti nel corso della storia.

Solo pochi mesi fa è arrivato al cinema il sequel “Avatar: La via dell’acqua”, concludendosi così una lunghissima attesa durata ben tredici anni.

In questo nuovo film più che mai è accentuata la connessione che c’è tra i Na’vi e la natura e sono tantissimi anche i parallelismi con la nostra realtà e con quelle dei nativi della Terra.

Il popolo di Pandora è in grado di entrare in contatto con ogni specie animale e vegetale presente sul pianeta, di vivere in simbiosi con ogni essere vivente.

Questa estrema connessione tra loro e la natura non è però compresa dall’essere umano, che per indole tende a distruggere tutto ciò che lo circonda non rendendosi conto di quanto possa essere prezioso. Proprio per questo motivo in entrambi i film scoppiano continue guerre tra Na’vi e terrestri con la conseguente distruzione di quell’ecosistema, con i suoi esseri animali e vegetali. Ovviamente deriva tutto dalla presunzione e dal desiderio dell’uomo di imporsi in un luogo e farlo proprio, senza rispettare ciò che prima di lui vi ha vissuto.

Il dolore provato dai Na’vi nel vedere il loro mondo distrutto spiega la loro spiritualità, la particolare connessione tra uomini e natura e il sentirsi parte di essa stessa. Un esempio lo troviamo nel primo capitolo: quando l’albero delle anime viene distrutto, loro sono costretti a cercare una nuova casa, il che sarebbe anche il motivo alla base della spedizione degli umani su Pandora, la ricerca di una nuova casa in sostituzione alla Terra ormai priva di risorse. Senza illuderci è ciò che realmente succederà anche a noi continuando di questo passo.

Tutto è quindi strettamente collegato alla nostra realtà, ci fa capire che devastare la terra in cui viviamo comporta sofferenza di questa e di noi stessi. D’altronde è quello che sta avvenendo da tempo, ma il nostro modo di reagire risulta lento e a tratti inefficace. È anche grazie a pellicole come Avatar se questi argomenti non finiscono nel dimenticatoio.

Ovviamente questo non è l’unico parallelismo con la nostra realtà: nel secondo volume, infatti, troviamo una seconda civiltà, quella dei Metkayna, Na’vi dell’acqua, strettamente connessi con tutti gli esseri viventi dell’oceano.

In particolar modo ogni componente del clan è legato ad un “tulkun”, esseri meravigliosamente empatici e con un’intelligenza che eguaglia quella degli uomini. In particolare viene posta l’attenzione su uno, “Payakan” , l’unico sopravvissuto ad una battuta di caccia da parte di una baleniera, durante la quale fu ritenuto responsabile della morte di un intero gruppo di tulkun e, pertanto, vive in esilio  lontano da tutti.

L’unico che, non dando ascolto all’opinione comune, ha deciso di fidarsi di lui è Lo’ak , uno dei figli di Jake Sully,  iniziando così rapporto di interconnessione con l’animale.

Sarà proprio Payakan a dimostrare la sua intelligenza e la sua innocenza, aiutando Lo’ ak nel momento del bisogno e l’intera civiltà nello scontro finale con i terrestri.

Nella nostra società non è una novità che molte persone abbiano come migliore amico un animale domestico anziché una persona, un vero amore verso il proprio amico a quattro zampe. Rifugiarsi nel rapporto con il proprio animale è un fenomeno chiamato zoomania. Un vecchio detto recita appunto che “il cane è il migliore amico dell’uomo”.

Ancora una volta James Cameron ci ha stupiti con un altro suo capolavoro, non lasciando nulla al caso e curando ogni minimo dettaglio, rendendo questo film un vero e proprio capolavoro cinematografico, come del resto per ogni sua pellicola.

 

Alice Morreale, VCC