Studio Ghibli: più che cartoni animati

Il Giappone, quasi sempre associato solo al mondo dei manga e degli anime, è spesso sottovalutato soprattutto dal mondo occidentale per quanto riguarda proprio i prodotti animati, nonostante sia una loro pietra miliare. Negli anni sono nati diversi studi di animazione, uno dei più noti e famosi è sicuramente lo studio Ghibli, fondato nel 1985 a Tokyo per mano di 3 animatori in cerca di più libertà di espressione tra cui il celeberrimo Hayao Miyazaki. La casa vanta un’animazione che unisce gli interessi di grandi e piccoli con temi godibili e comprensibili per i bambini ma anche con significati più profondi assimilabili solo con il raggiungimento di una determinata maturità.

Debuttò nei cinema negli anni ’90 con i primi film tra cui “Il castello nel cielo”, “Il mio vicino Totoro” e “Una tomba per lucciole” e ottenne un discreto successo. Negli anni uscirono ben 22 film, numerosi cortometraggi, serie e pubblicità. La critica si è sempre espressa positivamente con un rating molto alto su “Rotten Tomatoes”.

La figura cardine dietro questo successo è sicuramente Miyazaki: regista, sceneggiatore, animatore, fumettista e produttore cinematografico. Nei suoi 50 anni di carriera ha saputo trasporre grandi temi accompagnati da personaggi ben caratterizzati sul grande schermo. Gli esempi più illustri sono certamente “La città incantata” e “Il castello errante di Howl”. Uscito nel 2001, vinse anche l’Oscar 2003 per la categoria animazione. Un successo meritato, finora l’unico per un lavoro di animazione nipponica.

I soggetti e protagonisti di queste produzioni sono spesso ragazze, figure femminili alla scoperta del loro percorso personale, che scoprono cos’è l’amore ma che bramano soprattutto libertà e indipendenza. I temi trattati inoltre sono sempre stati indirizzati su topic importanti come la natura, il pacifismo, la politica e l’amore, tutti trattati con leggerezza ma senza superficialità. Possiamo vedere anche la notevole crescita dei personaggi che sviluppano, crescono arrivando alla conclusione del film con insegnamenti e una nuova consapevolezza nonostante spesso manchi un vero e proprio lieto fine, un cliché molto diffuso tra i prodotti destinati ad un pubblico ampio comprendente anche bambini.

Facendo un confronto con il colosso occidentale della Disney, il quale si è occupato della distribuzione dei prodotti Ghibli in nord America, è evidente la chiara differenza tra i personaggi femminili sia caratteriale che fisica. Siamo stati abituati fin da piccoli alla visione di principesse bellissime, con un corpo stupendo a 13 anni, innamorate e fortunate che riescono alla fine a coronare il loro sogno d’amore con un altrettanto attraente principe che le devono sempre salvare. Le caratteristiche sopracitate sono quasi del tutto assenti nei lungometraggi nipponici. Le protagoniste difatti sono delle semplici ragazze, sognatrici, con un corpo spesso non perfetto, non sempre innamorate e non per forza legate alla figura maschile del principe azzurro.

Per esempio abbiamo la giovane ma sola Sophie, protagonista de “Il castello errante di Howl”, che viene trasformata in una vecchietta e con questa nuova veste fa finalmente quello che finora non aveva mai avuto il coraggio di fare da ragazza; o San, in “Principessa Mononoke”, che lotta per proteggere la sua terra e, seppur amando il principe Ashitaka, decide di mantenere la sua identità e non fuggire con lui. O ancora Shizuku, de “I sospiri del mio cuore”, dove il sentimento che prova per Seiji non è fine a sé stesso ma è fondamentale per farla applicare finalmente al suo sogno, ossia scrivere un romanzo, e cercherà di migliorare non per compiacerlo ma soprattutto per realizzare sé stessa. Notiamo quindi delle ragazze giovani, ancora inesperienti ma con una forte volontà con la quale, grazie anche all’aiuto di amici, compagni e persone amate, riusciranno a maturare e trovare la propria via e vivere libere e serenamente.

Il loro ruolo potrebbe essere di ispirazione per tutti, soprattutto per le fasce femminili più giovani del secolo XXI che vivono in una società in evoluzione dove la donna non vuole più essere subordinata all’uomo, non vuole essere salvata, ma vuole farsi strada con le proprie forze e le proprie capacità.

Sofia Giardina IIIBC