Tra magia, scienza e immortalità

“L’alchimia è la scienza della comprensione, della scomposizione e ricomposizione della struttura della materia. Tuttavia non è affatto un’arte onnipotente. È impossibile creare qualcosa dal nulla. Se si desidera ottenere qualcosa bisogna dare in cambio qualcos’altro che abbia lo stesso valore”.

Questa è l’introduzione esposta dall’anime Fullmetal Alchemist: Brotherhood, che riassume perfettamente il pensiero alchemico. Si sviluppa in varie discipline come la chimica, fisica, astrologia, medicina, metallurgia. È considerata il precursore della scienza moderna, in particolare della chimica. Abbraccia tradizioni filosofiche e culture diverse, in quanto si espanse in tre continenti nel corso di quattro millenni, soprattutto in Cina, Egitto, Grecia, Roma.

Gli obiettivi erano quelli di conquistare l’onniscienza, creare la panacea universale, generare e prolungare la vita, la trasmutazione delle sostanze e dei metalli, e soprattutto la creazione della pietra filosofale. Per la ricerca della conoscenza prese spunto dalla metafisica e dalla filosofia con influenze mistiche e soteriologiche, assumendo un duplice significato, uno corporeo e l’altro immateriale, rivolto allo sviluppo interiore.

L’alchimia si basa su concetti sia chimici che spirituali, quali il tema dell’Uno, identificabile nella filosofia come archè, ovvero il principio fondante e unificatore della realtà, da cui deriva che nulla si può creare né distruggere bensì solo trasformare (che diventerà anche la base della teoria scientifica formulata da Lavoisier). Altro tema, riscontrabile per lo più nell’alchimia cinese, è la presenza della dicotomia yin e yang, principio per cui qualunque cosa ha un suo opposto, dove l’uno non può esistere senza l’altro.

La dottrina alchemica era fortemente simbolica e allegorica: infatti risentiva del simbolismo numerico (influenzato da Pitagora), ma soprattutto si fondava sull’analogia tra i sette corpi celesti oggetto dell’astrologia e i sette metalli trattati nelle trasmutazioni, a cui assegnava simboli comuni, come quelli tutt’ora usati per indicare il maschile/Marte e il femminile/Venere. Utilizzava anche allegorie animali, quali il corvo, il cigno e la fenice che simboleggiavano i tre stadi della trasmutazione della materia, in particolare la fenice oltre che stadio finale rappresentava la capacità di rinascere dalle proprie ceneri e quindi incarnava il principio che nulla si crea e nulla si distrugge, così come il serpente ouroboros (che si mangia la coda).

L’obiettivo originario dell’alchimia era quello di trasformare i metalli perfezionandoli in oro, questa ricerca di perfezione viene poi traslata sull’uomo e si incarna nella creazione della pietra filosofale, cioè un elisir capace di donare l’immortalità e far acquisire l’onniscienza.

Il simbolismo alchemico è stato inoltre utilizzato dagli psicoanalisti come Jung, il quale lo ha riesaminato mettendo in luce il significato intrinseco come ricerca spirituale. Egli teorizza l’esistenza di analogie tra i processi alchemici e la sfera dell’immaginazione, per cui l’alchimia è la materializzazione dell’inconscio e quindi la ricerca della pietra filosofale rappresenterebbe la ricerca di sé e la liberazione da conflitti interiori.

Nonostante le caratteristiche ermetiche e magiche che associamo ad essa, come sottolineato dalla sua presenza nel primo libro di Harry Potter, l’alchimia ha ispirato grandi scoperte, soprattutto da parte degli islamici, di composti chimici quali l’acido muriatico, acido solforico e il bicarbonato di sodio. Infatti è proprio grazie all’alchimia che l’uomo ha iniziato a pensare di poter capire i segreti della natura e poter manipolare la materia per i suoi scopi.

La sua esistenza ha inoltre ispirato diversi autori come Marguerite Yourcenar nel suo romanzo L’opera al nero, Paulo Coelho nell’Alchimista, la saga cinematografica di Star Wars con l’alchimia Sith, e molti prodotti culturali giapponesi tra cui il già citato manga e anime Fullmetal Alchemist.

Sofia Giardina IIIBC