Un torbido caso di psicologia umana

L’Ottocento europeo tra le sue innumerevoli novità culturali, filosofiche e ideologiche, annovera anche il Naturalismo. Quest’ultimo è propriamente un corrente letteraria, sfogo naturale del positivismo ottocentesco, che si propone di far proprio il metodo sperimentale delle scienze, applicandolo al campo della psicologia umana, intesa come prodotto di fattori ereditari e ambientali, per contribuire a correggere i mali della società. Il romanzo quindi assume un ruolo diverso, diventa uno strumento di analisi della realtà.

Caposcuola di tale corrente su l’autore francese Émile Zola, estremamente incisivo, nonché scandaloso, al suo tempo e ancora oggi. I suoi romanzi sono come delle fotografie della realtà e dei meccanismi che la determinano. L’autore tende a sparire dietro l’obiettivo in modo da restituire le cose come sono, nella loro purezza, appunto, di semplici cose. Si potrebbe scambiare, tutto questo, per una cronaca giornalistica, un mero susseguirsi di eventi, ma in realtà la narrazione è sì onesta, ma non completamente innocente.

Tra i suoi capolavori si annovera, il romanzo “Thérèse Raquin”, definibile come un’analisi spregiudicata di un torbido caso di psicologia criminale.

Lo Zola racconta la tetra vicenda di adulterio, delitto e rimorso con la secchezza di un referto clinico. L’autore stesso definì l’opera un «grande studio psicologico e fisiologico». C’è  infatti un intento scientifico espressamente dichiarato: «Dato un uomo forte e una donna insoddisfatta, cercare in essi la bestia, gettarli in un dramma violento, annotarne scrupolosamente le sensazioni>>.

 

Nella narrazione, lo scrittore non risparmia nulla e nessuno, procedendo con la descrizione nel modo più meticoloso possibile, dando così al lettore l’obiettività di tutto ciò che accade, come appare. Cambia costantemente l’oggetto dell’analisi, passando da un personaggio all’altro in rapporto alla situazione, e si concentra sugli stati d’animo che li tormenta, quale ad esempio il senso di colpa persecutorio, che porterà i due protagonisti al suicidio.

 

Ma chi è la donna che ha dato titolo all’opera?  Figlia di un capitano francese e di una madre algerina, rimasta orfana in tenera età Thérèse è stata cresciuta dalla zia protettiva, una negoziante di nome Madame Raquin. L’unico vero compagno della ragazza era sua cugino Camille, un giovane pigro e malaticcio adorato da sua madre.

Thérèse la sua infanzia è stata definita dal confinamento e dal risentimento; la sua età adulta segnata dalla passione e dall’inganno; e infine l’omicidio, la violenza e il suicidio dei suoi ultimi anni.

 

Thérèse cresce fianco a fianco con Camille, e quando compie 21 anni, Madame Raquin progetta il matrimonio tra i due, viene relegata quindi ad un futuro di noia. Poco dopo la famiglia si trasferisce a Parigi, dove Thérèse e Madame Raquin affittano una merceria nel Passage du Pont Neuf mentre Camille inizia a lavorare per la Compagnia Ferroviaria di Orléans, incontrando lì l’amico d’infanzia, Laurent.

La vita di Thérèse viene sconvolta dall’apparizione del giovane, forte e dipendente dai piaceri sessuali. Laurent visita spesso i Raquin con la scusa di star realizzando un ritratto di Camille, e intanto la protagonista diventa sua consueta amante. Ne consegue una relazione vivificante e soddisfacente tra l’emotiva Thérèse, che cercava appunto un elemento di adrenalina che colorasse la sua monotonia, e il cordiale Laurent. Presto diventa un’ infuocata storia d’amore: gli amanti si incontrano regolarmente e segretamente nella stanza di Thérèse, fino a quando diventa chiaro che il rapporto non può continuare. Camille sembra il loro unico ostacolo, pertanto quale soluzione migliore se non ucciderlo? Concordi i due amanti organizzano una gita in barca sulla Senna, ma la conclusione della giornata non si prospetta particolarmente facile. Laurent soffoca Camille e lo getta in mare nonostante nel difendersi la povera vittima sia riuscito a morderlo sul collo. Con il tacito consenso di Thérèse, la vicenda passa come uno strano incidente per evitare il quale entrambi abbiano invano cercato di intervenire.

I giorni successivi delusero le loro aspettative, da quel momento il fantasma del morto invase ogni aspetto della loro vita, apparve ai loro occhi in ogni angolo della casa e in ogni momento della loro intimità. Pensieri oscuri iniziarono a riempire le loro menti e i sentimenti dell’uno verso l’altro cambiarono notevolmente, ma persistettero nell’intento di sposarsi e di cogliere i frutti della loro azione. Thérèse si mostra angosciata intorno alla famiglia e ai conoscenti e Laurent mostra pubblicamente grande preoccupazione e cura per lei, così Michaud, uno dei visitatori abituali della famiglia, decide che la vedova dovrebbe risposarsi e che Laurent dovrebbe sarebbe stato il marito ideale. Si sistemano nell’appartamento in cui vive La signora Raquin e riescono a nascondere la loro azione alla vecchia, anche se continuano ad essere ossessionati dal ricordo dell’omicidio, di cui il morso sul collo di Laurent è un promemoria.

Sebbene Thérèse e Laurent abbiano ucciso Camille per stare insieme, presto trovano odiosa la compagnia l’uno dell’altro. I loro nervi sono agitati, sono tormentati dall’insonnia e le visioni del terribile cadavere di Camille perseguitano entrambi costantemente. Oscillano tra il tentativo disperato di riaccendere la loro passione per sbarazzarsi delle allucinazioni del cadavere (e cercando di “guarire” la cicatrice del morso) e il disprezzarsi a vicenda.

Laurent cerca di trovare conforto in un vecchio passatempo – la pittura; in precedenza un artista senza talento, viene improvvisamente colpito da un’abilità sorprendenti, ma non riesce più a dipingere un quadro (nemmeno un paesaggio) che non assomigli in qualche modo al morto. Disgustato da questo, rinuncia anche all’arte.

Nel frattempo, Madame Raquin, vittima di due ictus consecutivi,  è diventata sempre più immobilizzata, soccombendo infine alla completa paralisi. E una volta che la signora Raquin è resa completamente impotente, fa una scoperta scioccante: Thérèse e Laurent, che considerava come i suoi figli, erano in realtà gli assassini del suo unico figlio biologico.

I mesi passano, e per Thérèse e Laurent la vita insieme diventa intollerabile e tentano di sfuggire l’uno all’insopportabile compagnia dell’altro in modi nuovi: indulgendo in confessioni in lacrime; rimproverandosi e picchiandosi a vicenda; e ricorrendo al bere e all’adulterio. La coppia discute quasi costantemente su Camille e su chi sia stato il vero responsabile della sua morte. Esistono e persistono in un incubo di veglia senza fine.

Infine, complottano avventatamente per uccidersi a vicenda. Questi due piani omicidi indipendenti vengono rivelati nello stesso momento. I due scoppiano in lacrime e dopo un ultimo abbraccio, si suicidano prendendo il veleno fornito da Laurent, il tutto di fronte allo sguardo pieno di odio e vigile di Madame Raquin.

 

Nessuno dei personaggi è perfetto, nessuno di loro è innocente. Thérèse e Laurent sono animaleschi, mossi da istinti primordiali sin dall’inizio della storia, prima incapaci di contenere la propria passione e poi incapaci di vivere insieme. Si giunge a livelli di violenza inumani in un climax ascendente che non può che terminare con un annullamento vicendevole.

Il libro si dimostra coinvolgente perché è essenzialmente la storia di un degrado sociale accentuato all’estremo, così profondamente ossessiva da entrarti sottopelle. Mai forse è stata creata una storia di follia così ben congegnata e così capace di fare effetto sul lettore.

Un’esperienza davvero da brividi che ti lascia addosso un profondo senso di malessere e allo stesso tempo impossibilità di staccarsi dalle pagine, pur volendo allontanarsi con tutte le proprie forze da quel mondo di orrori e di malessere. Sicuramente una storia consigliata, ma con l’aspettativa di non trovare una lettura facile da digerire.

 

Bruna Badalamenti VCC