Pancake confezionati

Qualche pomeriggio fa, tra le innumerevoli pubblicità che la televisione ci offre quotidianamente, è stato trasmesso anche lo spot del nuovissimo prodotto della Mulino Bianco: i pancake confezionati.  

La suddetta pubblicità propinava la scena di qualche secondo raffigurante Nadia, una dolce ragazza che in casa sua ama fare colazione con la sua tazza preferita, sentire il suono dell’apertura dei barattoli di marmellata e, “da quando ha scoperto i nuovi pancake Mulino Bianco”, disegnarvi sopra una faccia sorridente prima di mangiarli. Uno scenario estremamente felice e confortante, che regala un senso di leggerezza e tranquillità.  

Una pubblicità perfetta, no? No. 

I miei occhi dovettero infatti aspettare qualche secondo prima di elaborare quello che avevano appena visto, perché il problema di questo spot era proprio il prodotto che pubblicizzava, appunto pancake confezionati. Solo a pronunciare queste due parole insieme viene da ridere. 

Già, perché se pensiamo alla definizione di “cibo confezionato”, esso non è altro che del cibo che viene fornito alla popolazione già in parte o totalmente commestibile, poiché la loro preparazione necessita procedure complesse e possibili solo mediante macchinari in genere poco disponibili; questi cibi una volta prodotti vengono confezionati al fine di essere conservati il più a lungo possibile per essere trasportati, andando a soddisfare così il maggior numero di persone. È facile quindi dedurre come i cibi confezionati siano purtroppo anche una delle fonti più grandi di spreco di materiali inquinanti, in particolar modo la plastica, che inevitabilmente vanno ad accumularsi in aree sparse della Terra, per decomporsi soltanto dopo diversi secoli e quindi inquinando. 

I pancake non rientrerebbero nemmeno lontanamente nella categoria “cibi che necessitano procedure di preparazione difficili”, eppure qualcuno ha deciso di confezionarli, accoppiarli a due a due all’interno di bustine di plastica e riporre tre di queste coppie in altrettante buste, rigorosamente plastificate.  

Ciò che più mi disturba di questo prodotto non è solo l’ennesimo uso improprio ed esagerato della plastica, ma anche il fatto che esso sia il riflesso del tanto amato progresso il cui unico obiettivo è ormai diventato quello di lucrare, trarre vantaggio economico da qualsiasi cosa.  

So che paragonare la decadenza del progresso ad un pacco di pancake confezionati risulta eccessivamente drammatico, ma vi assicuro che le due cose sono in relazione più di quanto pensiamo. 

La grande distribuzione mira sempre di più all’assoluto “comfort” del cliente, e tale comfort sta venendo ricercato anche nel cibo: dopo una giornata di lavoro, una persona, sfiancata e senza nessuna voglia di cucinare, desidererebbe alla follia sulla propria tavola una pietanza già pronta, che al massimo deve solamente essere riscaldata. È da qui che nasce il sistema lucrativo mirato a produrre e confezionare il maggior numero di alimenti, anche i più improbabili, al fine di indurre le persone, ammaliate dal desiderio di comodità, ad acquistarli. Ne sono esempio lampante questi pancake: qual è il bisogno di confezionare un prodotto che necessita non più di quindici minuti di lavoro totale?  

Per altro, oltre allo spreco immane di materiali, sono del parere che questo spropositato confezionamento di cibi possa dare inizio ad un progressivo annullamento della nostra manualità. Sul mercato sono arrivate addirittura verdure già tagliate o frutta già sbucciata, riposte in contenitori in plastica o avvolti in pellicole. Costa davvero così tanto impiegare pochi minuti a tagliarle o sbucciarle con un coltello? È come se ci stessimo man mano abituando alla comodità, perdendo la possibilità di spremerci ogni tanto le meningi e provare ad imparare a far qualcosa di nuovo.  

Nonostante non se ne parli ancora abbastanza, quello dell’inutile confezionamento del cibo è un altro dei grandi problemi da dover risolvere, per il bene dell’ambiente e di noi umani.  

In ogni caso per cucinare dei pancake è sufficiente una padella, una spatola, della farina, latte, burro, zucchero, uova, lievito e sale.  

Ebbene sì, ormai il mondo è talmente alla deriva che anche cucinare dei pancake a casa è diventato uno dei piccoli gesti da poter compiere per realizzare un cambiamento.  

Non era esattamente il tipo di rivolta sociale che mi aspettavo, ma se ci siamo ridotti a confezionare pancake, non resta che dire “Più pancake fatti in casa per un mondo migliore!”.  

Anna Lobue I A Liceo Classico