Poesie in prosa: Tempeste di vento

Conobbi una ragazza, lei amava molto una persona, avrebbe trasformato le nuvole in zucchero filato per addolcire il suo viso, avrebbe raccolto tutto il mare in una bottiglia per udire il suono della sua risata, solo per portarle le onde negli occhi. Questa ragazza non sempre ebbe coscienza del fatto che all’altra persona sarebbe bastato soltanto uno sguardo, un bacio strappato dal corpo, un tocco aspirato dalla luna per sentire la felicità dentro il suo corpo, le sarebbe bastato semplicemente sentire il suo respiro, avere la consapevolezza che fosse ancora in vita per renderla felice. Il fiato della ragazza posava sull’orecchio della sua persona amata, i tramonti passavano con il cielo negli occhi, col buio fuori riuscirono a ricucire i loro cuori, col freddo dell’inverno si scaldarono con i loro corpi fusi in un’unica forma. Quei due corpi che ormai divennero uno specchio dell’altro ripararono tagli, curarono graffi, raccolsero il sangue versato per svegliarsi con un cielo piangente e un letto vuoto. Quanto avrebbero voluto poter stringere i loro corpi caldi e avviliti, i loro corpi stanchi di punirsi con le loro stesse mani, con le loro stesse menti. Quel giorno il sole parve buio ma nel loro cuore prese il proprio colore e i loro corpi ripresero vita. Un dolce amore pieno come la luna e caldo come il tramonto non si spense mai, ad ogni alba i sorrisi tra le loro labbra aumentarono, le loro mani si fusero ritrovando la via di casa da tanto perduta. Le tempeste in quel periodo erano molto frequenti, le foglie iniziarono ad agitarsi nel vento rotto dalle grida, nell’aria fresca di ogni stagione come tuoni suonavano dei pugni sordi nell’aria, con le mani spezzate e le braccia coperte quella ragazza riuscì a proteggersi dagli spari nell’acqua, riuscì anche a proteggere la persona amata prendendosene cura sin dall’inizio, fino all’ultimo momento. Nella pioggia calda vennero sbattute porte e l’odio nei volti delle tempeste aumentò. Fecero cadere meteoriti sanguinanti, forzarono le urla e i silenzi, tonfi pesanti si sentirono sino sopra le nuvole che quel giorno sapevano del loro amore. Vitti la paura nel volto di quella ragazza, la paura di andarsene, la paura che tutto ciò che la manteneva in vita potesse sciogliersi nelle acque della frustrazione. Non subito capì che la persona amata fosse pronta a combattere mille guerre contro le tempeste, a dormire sotto castelli di lenzuola per poterla baciare, ad aspirare tutti gli spifferi per proteggerla da ogni sofferenza, le avrebbe baciato e curato tutte le sue cicatrici per far rinascere girasoli da esse. Avrebbe amato solo lei poiché le tempeste erano vento e lei costituiva la sua casa. Quella ragazza odiava le tempeste, anche la persona amata le odiava ma le tempeste non erano sue, le promise che un giorno sarebbero terminate, che un giorno lei sarebbe scappata da esse, ma in quel momento erano così forti, così forti da distruggerla, così forti da sentire solo esse, così struggenti da non voler più respirare, così angoscianti da poter lasciare anche la persona amata. Ma la persona amata non glielo avrebbe permesso, perché lei ci sarebbe sempre stata trattenendo il dolore con i palmi delle mani, respingendo gli sguardi contorti delle persone, spingendo via quelle parole che sembrarono sgretolarsi nelle bocche dell’ignoranza, perché si amavano così tanto ma le grida sorde dell’odio, delle tempeste, dell’ignoranza le sfiorarono, le sfiorarono più di una volta, le toccarono e le maltrattarono, le tempeste buttarono giù quella ragazza che riuscì a svegliarsi al mattino poiché sapeva che un giorno avrebbe vissuto una vita libera con la persona amata, una vita lontana dalle tempesta e vicina alla propria casa. Quella sera la vita parve essere così difficile, le montagne si ruppero in mille granelli di sabbia, l’ombra del mare fuoriuscì dalle tempeste e la quiete del crepuscolo si allargò nell’aria, la brezza toccò le loro menti e le risvegliò da lunghe notti passate a disperarsi, da lunghe notti che parvero essere le ultime, da pomeriggi con l’ansia alla gola che un giorno tutto ciò potesse venir preso da qualcun altro, potesse lasciare il suo posto raffreddando lo sguardo di chi ha avuto il coraggio di essere in una realtà di morenti e di sepolti. La terra bagnata sciacquerà i volti di chi si nascose per disprezzare, di chi possedeva la libertà senza mai apprezzarla per davvero. Con mille colori esplosi nei corpi l’amore non smise mai di raggiungere vette irraggiungibili, per quante strette allo stomaco abbiano sentito le loro pupille si dilateranno sempre di più ogni qualvolta sentiranno il loro nome, ogni qualvolta il loro pensiero si poserà sui loro occhi si renderanno conto che al mondo ci sarà per sempre una persona che volerà tra nuvole di ogni tipo pur di tenere l’altra persona tra le proprie braccia donandole sogni creati con caramelle e torte alla fragola. Dolci parole scivolarono tra le labbra come zucchero, i loro occhi si caramellarono per divenire un fiume di fiori e di farfalle, i loro baci divennero le luci delle notti buie col vento che si confondeva alle foglie cadute dall’esasperazione e dalla tranquillità del momento. Le loro mani divennero lucciole e i loro corpi gli alberi che accoglievano una vita appesa ad un filo di argento. Con i loro corpi posati in un soffice nido di paglia e di amore ricrearono un mondo perduto, con le piume cadute dal cielo si protessero dal sangue macchiato di risate uccise tra more mangiucchiate da chi non doveva dir nulla ma di chi invece apriva bocca per sgozzare sogni e luci spente. Caddero dal cielo ali di farfalle spezzate tra cuori riscaldati e api dolci. Passarono giorni che costituirono la loro vita intera tra pelle sciolta nelle mani dell’altra persona, in un letto di carezze e dolcezza non rinunciarono mai all’amare l’altra persona, quell’amore forgiò giorni di cristalli di zucchero e miele, con baci che seppero di cioccolato e biscotti non si persero mai tenendo la bussola nel cuore, ritrovando l’altro cuore che erano un po’ lo stesso, con la mente sotto una campana di rose si abbandonarono ad un sentiero scosceso dove ogni caduta era accompagnata dalla consapevolezza che ci sarebbe stata una mano pronta a proteggere un’anima fragile da una rupe di parole crudeli e silenzi incolmabili, con la consapevolezza che a guardare il tramonto con lei ci sarebbe stata una persona speciale che l’avrebbe amata anche quando lei non sarebbe stata capace di guardare la sua figura riflessa nello specchio, che l’avrebbe amata anche quando tutte le voci nella sua mente non riuscivano a fare altro che spargere il suo viso di lacrime. In un pomeriggio d’autunno due ragazze dallo stesso nome si amavano, si tennero per mano con il sole che abbacinava i loro occhi sapendo che si sarebbero amate per sempre. I respiri dei loro cuori si sincronizzarono col fruscio delle foglie e non sentirono altro che gli uccelli cantare e le farfalle sbattere le ali nella speranza che quella gioia avrebbe attempato ogni tempesta disturbante e ogni temporale in sangue.

Sofia Romano IVBC