“Porremo fine alla pandemia di Covid, ma non esiste un vaccino per la crisi climatica”. È il duro monito lanciato da Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il pensiero del Dg. va ad alcuni degli effetti di questa crisi, oggi alla ribalta delle cronache in diversi Paesi del mondo. “Nelle ultime settimane incendi devastanti hanno avuto un impatto sulla vita di molte persone – sono le parole del suo messaggio lanciato via Twitter – se continuiamo” come si è fatto finora, “business as usual”, i rischi posti dal cambiamento climatico potrebbero sovrastare e far sembrare piccoli quelli di ogni singola malattia”, avverte il direttore generale di Oms. Fino a pochi anni fa erano i modelli matematici a prevedere che il clima del Pianeta stava cambiando e alcuni governi e pochissimi esponenti del mondo scientifico mostrava scetticismo. Oggi siamo di fronte a fenomeni climatici sempre più estremi, frequenti e devastanti. Molte specie stanno reagendo al cambiamento: alcuni uccelli migratori stanno cambiando le date di arrivo e di partenza anno dopo anno, le fioriture stanno anticipando, le specie montane si spingono, finché possono, in alta quota. Ormai nessuno ha più dubbi sul fatto che siano in atto importanti mutazioni nel clima della Terra e sulla nostra responsabilità.
La temperatura media del nostro pianeta è aumentata di 0,98° centigradi e la tendenza osservata dal 2000 a oggi fa prevedere che, in mancanza di interventi, potrebbe arrivare a +1,5 °C tra il 2030 e il 2050. L’impatto del riscaldamento globale è già evidente. Gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi della Storia e anche il decennio 2010-2019, è stato il più caldo da quando esistono registrazioni attendibili e regolari della temperatura. Dagli anni Ottanta, ogni decennio successivo è stato più caldo di tutti i precedenti tornando indietro fino al 1850. La crisi climatica è ormai un dato di fatto.
Le attività umane influenzano sempre di più il clima e la temperatura della Terra bruciando combustibili fossili e abbattendo le foreste pluviali. Questo aggiunge enormi quantità di gas serra a quelli presenti naturalmente nell’atmosfera, aumentando l’effetto serra e il riscaldamento globale. A provocare più danni è soprattutto il consumo di carbone, gas e petrolio, che rappresentano la maggior parte delle emissioni di gas serra. Anche l’abbattimento delle foreste provoca danni consistenti: gli alberi aiutano a regolare il clima assorbendo l’anidride carbonica dall’atmosfera, quindi se vengono abbattuti l’effetto benefico si perde e il carbonio immagazzinato negli alberi viene rilasciato nell’atmosfera, accentuando all’effetto serra. Infine, l’aumento degli allevamenti intensivi di bestiame e l’uso di fertilizzanti contenenti azoto contribuiscono ad aumentare le emissioni di gas a effetto serra. Il cambiamento climatico non è un problema per la Terra o per la natura, che si riorganizzeranno: è un problema per noi esseri umani, che abbiamo una capacità di adattamento limitata. Sulla stabilità climatica è nata e si è sviluppata la nostra stessa civiltà.
Una data molto importante da ricordare è quella del 20 agosto di due anni fa, quando per la prima volta le scuole scioperarono contro il cambiamento del clima. Protagonista la quindicenne svedese Greta Thunberg.
Sono dunque trascorsi due anni da quando la giovane Greta ha dato inizio ad una rivoluzione non certo silenziosa, ma pacifica e non violenta, sedendosi davanti al Parlamento di Stoccolma con il cartello “Skolstrejk för klimatet” (sciopero scolastico per il clima). Da quel 20 agosto 2018 la “rivoluzione” di cui è stata protagonista è stata di parole rivolte ai governanti, come si potrebbe dire, di ogni ordine e grado per chiedergli di cominciare a saldare il debito contratto da decenni con le generazioni future. Generazioni che ci hanno dato in prestito la Terra sulla quale viviamo in circa otto miliardi e che anno dopo anno stiamo riducendo in condizioni sempre peggiori di come l’abbiamo avuta. L’avanzante mutamento climatico ne è l’esempio più evidente e drammatico. Il movimento nato e guidato da Greta Thunberg (Fridays For Future) ha anche il merito di invitare i responsabili della cosa pubblica a intervenire prima che sia troppo tardi.
Un’altra grande ragazza che si batte per la protezione dell’ambiente e lotta per il clima è Disha Ravi. L’attivista indiana sostiene le proteste degli agricoltori contro il governo Modi. Si è parlato poco in Italia dell’arresto di Disha Ravi, la ventiduenne di Bangalore considerata la Greta Thunberg indiana. L’arresto è avvenuto a metà febbraio 2021 e ha fatto molto rumore in quel Paese. Disha è stata prelevata a casa, condotta a Nuova Delhi in aereo e reclusa in una centrale di polizia per una dozzina di giorni, fino al primo esame di un giudice e alla scarcerazione su cauzione. Le accuse contro l’attivista sono altisonanti: sedizione, incitamento all’odio contro il governo, cospirazione.
Disha è il volto locale di Fridays For Future, alla lotta dei movimenti contadini indiani contro il governo di Narendra Modi. I contadini protestano contro tre nuove leggi sui mercati agricoli, pensate per modernizzare e liberalizzare il settore, considerate dai piccoli coltivatori -un numero enorme di persone- come una condanna a morte. Le proteste sono state e restano molto forti. La marcia dei contadini da tutta l’India verso la capitale, con una sorta di assedio stretto attorno alla metropoli dopo il divieto d’ingresso stabilito dalle autorità, ha messo in grave difficoltà il governo. Non sono mancati scontri violenti con la polizia. È un conflitto politico cruciale per l’India e per il suo presidente.