Insegnare: tra fatica e responsabilità

L’ostilità studentesca nei confronti dei docenti non è un segreto né per gli uni né per gli altri. Tutti hanno affrontato un percorso scolastico e ad ognuno di noi saranno capitati episodi di disapprovazione, di malcontento e a volte rabbia dovuti all’operato di un insegnante. Non tutti però al termine del percorso scolastico si sono ritrovati dall’altra parte della frontiera. È quindi necessario accantonare il pregiudizio comune che aleggia sul mestiere dell’insegnante, secondo cui si tratta di una delle attività meno impegnative e faticose del mondo del lavoro, per verificare quale effettivamente sia la realtà dei fatti.

Chiariamo fin da subito che la scuola non nasce come un luogo di apprendimento sterile di nozioni, ma implica un accrescimento formativo e personale di cui un insegnate è responsabile.
L’insegnante rappresenta la prima nuova figura adulta con cui un bambino si relaziona, è sinonimo di un passaggio, dal mondo familiare di protezione ed esclusività al mondo scolastico di confronto e aspettative. Allo stesso modo, l’insegnante è immediatamente secondario ad un genitore, se non suo sostituto, come punto di riferimento principale di ragazz*, in piena crisi adolescenziale, e si pone in atteggiamento di ascolto e comprensione.

Compito dell’insegnate è conoscere la realtà interna, esterna, culturale e sociale da cui l’alunno proviene, capirne i bisogni ed avere la competenza per affrontarli. Pertanto, l’idea minimalista di “insegnare e basta” diventa più che insufficiente in un contesto in cui l’insegnante giornalmente deve trovare dentro di sè quella motivazione, disponibilità̀, empatia e autorevolezza che il suo relazionarsi con gli studenti necessita.

Di fatto, in quanto ambiente in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo, la scuola è estremamente determinante nelle scelte della nostra vita e di conseguenza lo è anche il ruolo dell’insegnante. Per tale ragione, un insegnante stanco, demotivato o depresso non può portare a termine al meglio il suo dovere.

A tal proposito, è noto che le condizioni psicofisiche del corpo insegnanti rappresentano una problematica più che discussa e preoccupante. Uno studio condotto dall’INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti della Amministrazione Pubblica) ha dimostrato l’alta frequenza con cui tra gli insegnanti si sviluppa la sindrome da burnout, comportante ansia, crisi di panico, riduzione dell’autostima ed esaurimento fisico. Così come il sito web Orizzonte Scuola affermava che l’insegnare predispone maggiormente allo sviluppo di problemi di salute mentale (ansia, depressione, rabbia, etc.), di malattie fisiche (mal di testa, ulcera, reattività cardiovascolare, etc.), o anche di sintomi comportamentali (assenza per malattia, minore impegno, assenteismo, etc.).

Risulta evidente quindi l’alto tasso di stress a cui tutti gli insegnanti sono sottoposti e in conseguenza del quale dovrebbero poter usufruire di agevolazioni professionali.
Queste ultime sono state effettivamente riconosciute dal Governo italiano che ha classificato l’insegnamento tra i lavori detti “usuranti”, ovvero quelli che comportano stress energetico o psichico e deterioramento fisiologico e per i quali è stato previsto il non aumento dell’età pensionabile. Tali condizioni sono state riconosciute soltanto agli insegnanti di asili nido e scuole materne, ai quali è impossibile negare quanto gravoso sia il loro lavoro, escludendo di fatto tutto il resto del corpo insegnante. Si tratta di una distinzione a dir poco inspiegabile ed ingiusta, che ha suscitato diverse polemiche.

Concludendo, sebbene il mondo della scuola sia diventato la cosiddetta ultima spiaggia dei neolaureati alla ricerca di lavoro e sebbene il suo successo poggi spesso sulle spalle di pochi amanti della propria professione, non è corretto trascurarlo, sorvolare sulle difficolta dei docenti e dimenticare al tempo stesso la tutela della qualità dell’insegnamento ricevuto dagli studenti.

Dalle parole del Presidente Matterella nel suo discorso di fine anno, abbiamo visto come un apparentemente “normale” docente quale è potuto essere il Prof. Carmina possa segnare la storia e arricchire milioni di studenti di preziosi insegnamenti di vita. Il suo messaggio ci ha ricordato l’importanza dei giovani nella società di oggi e di domani; pertanto, compito dapprima dello Stato e subito dopo di ogni cittadino dovrebbe essere curare con dedizione il mondo della scuola e questo, senza dimenticare i pilastri che lo sostengono, ovvero, gli insegnanti.