Pilote, calciatrici e tenniste: quanto è ancora difficile essere donna nello sport

Nel mondo dello sport, come in molti altri settori, la donna ha sempre avuto diverse difficoltà
nell'emergere e vedere il proprio talento riconosciuto. Sin dall'antichità infatti si è imposto un bias,
ancora oggi, che vedrebbe come luogo d'elezione per il genere femminile la casa, perché i loro corpi
non si credeva fossero abbastanza forti e robusti. Vediamo infatti come siano comparse le prime
sportive solamente nell'età moderna, all'inizio del Novecento, partecipando in maniera non ufficiale
e con alcuni stratagemmi a delle gare di tennis, croquet e golf delle Olimpiadi di Parigi del 1921.
Purtroppo il periodo fra le due grandi guerre segna una battuta d'arresto per questo processo di
inclusione (anche a causa del prevalente maschilismo post-bellico) tant'è che le più note figure
femminili giungeranno solo dopo la seconda e terza ondata femminista negli anni '80 e '90, che si
contraddistinsero soprattutto nel nuoto e tennis.
A partire dal 2000 vedremo la nascita di tantissime stelle come Serena Williams, Megan Rapinoe,
Simone Biles, e tra le italiane Federica Pellegrini, Paola Egonu, Sofia Goggia, Sara Gama, che
hanno dimostrato di poter eccellere se ci si dà l'occasione.
Solo attraverso l'ostinazione di queste e altre donne le atlete man mano si sono inserite sempre di
più tra le varie competizioni, anche se dovremo aspettare fino al 2012 per vedere finalmente atlete
professioniste in tutte le discipline olimpiche.
Nonostante l'apertura per la maggior parte degli sport alcuni però sono ancora inaccessibili per le
ragazze, come la F1, una gara prettamente maschile, che nel 2023 ha creato appunto una
competizione tutta al femminile per valorizzare le promesse dei motori: la F1 Academy. Sono 15 le
ragazze che si sfidano in 21 gare, ma le macchine date in dotazione alle pilote sono equivalenti a
quelle date ai piloti che corrono in F4, per favorirne il passaggio dai kart. Nonostante lo "sforzo" dei
piani alti di dare pari opportunità è innegabile la presenza di odio e sottovalutazione nei confronti
dell'operato femminile.
Esempio lampante e molto discusso è sicuramente anche la presenza di donne nel calcio, che suscita
aspre critiche sia che si parli delle giocatrici sia delle arbitre, come per ciò che è accaduto il 25
febbraio 2024 ai danni di una guardalinee. La ragazza che stava ordinariamente svolgendo il suo
compito osservando l'azione di gioco viene travolta da una telecamera e si ferisce. I commenti
online alla notizia invece di augurarle buona guarigione si sono espressi colpevolizzandola per il
suo ruolo e che se fosse rimasta fuori dal campo questo incidente non sarebbe successo. Se si fosse
trattato di un uomo non sarebbe sorta nessuna polemica come nel caso dei 2 infortuni della 26esima
giornata di Serie A ai danni di due arbitri, uomini, ai quali non è stato detto di tornare in cucina o di
essere fuori luogo, è stato anzi offerto supporto e sostegno.
Un'altra critica mossa spesso al calcio femminile è quello di non avere la stessa quantità di azione
del corrispettivo maschile, ma questo non è da amputarsi a un'incapacità di gioco: questo sport è
nato ed è stato modellato sui corpi maschili, in quali è innegabile abbiano biologicamente maggiore
massa muscolare, diverse fibre muscolari e maggiore diametro cardiaco, per cui giocare da donne su
un campo costruito per gli uomini risulta uno svantaggio. Forse si potrebbero rivedere le condizioni
di gioco (come è stato fatto in altri sport come la pallavolo) ma la mancanza di investimenti e di
donne in ruoli dirigenziali nello sport femminile non sembrano permetterlo.
Anche se ci sono ancora notevoli disuguaglianze però noi possiamo impegnarci a diventare i
modelli che vorremo vedere adesso, con determinazione e perseveranza per raggiungere a pochi
passi una situazione di pari opportunità.
Sofia Giardina IVBC