La storia della Prima Repubblica

Era il 25 aprile del 1945, quando alle 8:00 del mattino Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica, ma al tempo partigiano e membro del CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alt’Italia) annunciò a Radio Milano Libera di scioperare per insorgere contro i nazifascisti e “porre i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Così il Nord Italia si liberò della morsa nazista.
Col referendum istituzionale del 2 giugno 1946, durante il quale per la prima volta anche le donne italiane ebbero il diritto al voto, gli italiani scelsero di cambiare la forma di governo statale da monarchia a Repubblica ed elessero i delegati Assemblea Costituente. Il 10 febbraio 1947 il governo De Gasperi firmò per l’Italia il trattato di pace con le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, riconoscendo l’indipendenza delle sue colonie e dell’Albania e cedendo territori a Grecia, Albania, Jugoslavia e Francia. il 1º gennaio 1948 entrò in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana e Enrico De Nicola, fino a quel momento capo provvisorio dello Stato (a partire dal 1º luglio 1946), divenne per alcuni mesi il primo presidente della Repubblica Italiana, sostituito in seguito dall’economista Luigi Einaudi.
Dal 1948 al 1963 seguì il periodo del “centrismo”, chiamato così perché durante quegli anni saliva al potere sempre il partito della Democrazia Cristiana. Durante le prime elezioni infatti la Democrazia Cristiana ottenne il 48% dei voti nazionali ed in Parlamento ben 305 seggi su 574. Gli uomini politici di riferimento sono Alcide de Gasperi (al governo) e Palmiro Togliatti (all’opposizione), anche se alla morte di De Gasperi si avrà Amintore Fanfani.
Successivamente si avrà il periodo del centro-sinistra che va dal 1963 al 1976. Ma dobbiamo prima andare nel 1960, vi furono forti tentazioni di creare maggioranze di centro-destra. Ma nel 1962 prende corpo il governo tripartito, con Democrazia Cristiana, Partito Socialista Democratico Italiano e Partito Repubblicano Italiano a formare il governo Fanfani IV. Non fu chiaramente un governo di centro-sinistra, ma fu molto importante per le dinamiche riformatrici di quell’epoca. Si pensi che in quel governo furono istituiti (non nell’ordine): la scuola media unica obbligatoria, la nazionalizzazione delle industrie elettriche grazie all’ENEL e la cedolare d’acconto. Il primo vero governo di centro-sinistra si avrà nel 1963, esattamente il 4 di dicembre, quando Aldo Moro, storico rappresentante della Democrazia Cristiana, si alleerà con il PSI, il PSDI ed il PRI. Prese così vita una stagione politica chiamata “Centro-sinistra organico”. Nel 1968 vi fu un tentativo di ritorno ad un governo monocolore, con Giovanni Leone come Presidente del Consiglio dei Ministri. Ma nel 1970 sembrò che la sinistra ebbe una spinta propulsiva: infatti, si raggiunsero importantissimi obiettivi, ed i più importanti sono: l’approvazione della legge sul divorzio, e non passò il referendum che propose di abrogarla, l’ottenimento dell’approvazione dello Statuto dei Lavoratori, l’’istituzione della Commissione Parlamentare Antimafia, la ratificazione dell’istituzione delle regioni a statuto ordinario.
Tuttavia fu anche il periodo più critico della Repubblica fino a quel momento, visto che, a causa delle forti agitazioni sindacali dell’Autunno Caldo del 1969 e della contestazione studentesca del 1968, si verificò addirittura un tentativo di colpo di Stato1 da parte del principe Junio Valerio Borghese.
Nel 1974, dopo due governi di Rumor di centro-sinistra organico, fu proprio Moro a causare la crisi e l’implosione di questo periodo storico, essendo all’opposizione non solo i socialisti, ma anche i repubblicani ed i social-democratici.
Nel 1976 subentra il periodo denominato “compromesso storico”, durante il quale si registrò un avvicinamento politico tra la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista Italiano e, in parte, il Partito Socialista Italiano. Con questa collaborazione si tentò di rispondere alla situazione politica reale dell’epoca. Fu Enrico Berlinguer a proporre la strategia del compromesso storico per conquistare il consenso della stragrande maggioranza della popolazione italiana. Dal 1976 al 1980 l’Italia attraversa una fase di grande prosperità, grazie al risanamento di gran parte dell’economia italiana, momenti di declino e ridimensionamento del PCI nelle fazioni politiche del Belpaese, considerata l’impopolarità dei suoi provvedimenti.
Nel 1981 nasce il “Pentapartito” e tutto iniziò da un patto, “il patto del camper”, tra il democristiano Arnaldo Forlani ed il socialista Bettino Craxi, che, con la “benedizione” di Giulio Andreotti, stipulava la pari dignità davanti alla DC dei partiti laici della maggioranza, che erano: il Partito Socialista Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, il Partito Socialista Democratico Italiano, con l’aggiunta del Partito Liberale Italiano. Così soltanto si poté allontanare il Partito Comunista Italiano dall’allargamento della maggioranza in modo definitivo. In questo lasso di tempo vi furono i primi governi non-democristiani, con Spadolini che fu il primo di tutti, e successivamente si avrà Craxi per il PSI, sebbene il partito più votato fu sempre e comunque la Democrazia Cristiana, che in alcuni casi riuscì ad impedire che esponenti dei partiti laici ottenessero la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Fu un periodo molto travagliato, che si concluse nel 1991, quando, essendo uscito dall’alleanza il PRI, si formo il periodo cosiddetto “Quadripartito”. Meno di un anno dopo la Procura di Milano portò a termine l’inchiesta Mani Pulite2 (o Tangentopoli), che coinvolse molti esponenti di quasi tutti i partiti. Tra questi: Bettino Craxi (PSI), Giulio Andreotti, Arnaldo Forlani, Ciriaco De Mita, Paolo Cirino Pomicino (DC), Renato Altissimo, Francesco De Lorenzo (PLI), Giorgio La Malfa (PRI) e molti altri ancora, eccezion fatta per Giovanni Spadolini, il quale mai ebbe imputazioni a suo carico.
Si concluse così il periodo più florido della storia dell’Italia repubblicana. Un periodo davvero contorto, ma che mai più potrà essere vissuto.