Intervista al prof. Fabio Zarbo sulla Didattica a Distanza durante il lockdown del 2020

Professore, quattro anni e precisamente il 9 marzo 2020 l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
annunciò con una conferenza stampa l’inizio del lockdown su tutto il territorio nazionale a partire dal 10
marzo. Detto Decreto disponeva la sospensione delle attività didattiche in presenza in tutto il Paese fino
al 3 aprile e conseguentemente l’attivazione della “Didattica a Distanza” fino alla medesima data. Lei con
i suoi alunni e con l’intera comunità scolastica dell’Istituto “Ugo Foscolo” di Canicattì ha realizzato un
progetto didattico-educativo, apprezzato dal Sud al Nord dell’Italia e dalle più alte istituzioni del Paese,
del quale ha documentato nel volume “Viaggio in Italia. Alla scoperta del patrimonio culturale di un
Paese ferito. Storia di un’esperienza di didattica a distanza al tempo del Coronavirus”. Cosa l’ha spinta a
raccontare in un libro questa straordinaria esperienza?
Le ragioni che mi hanno spinto a raccontare questa bellissima esperienza sono tante. In primo luogo il
desiderio di fissare su carta, per iscritto e con immagini, i bellissimi – sembra paradossale definirli così – e
indimenticabili momenti vissuti durante il lockdown, in “didattica a distanza”, con i miei alunni del Liceo
“Ugo Foscolo” di Canicattì presso il quale istituto insegnavo in quel periodo, unitamente ai ricordi delle
tante attività svolte nell’ambito del progetto didattico-educativo realizzato insieme i miei studenti e a tutta
la comunità scolastica dell’istituto. Tra le ragioni vi è indubbiamente anche il desiderio di lasciare una
testimonianza materiale di un’esperienza unica – straordinaria, come l’hai definita tu – consapevole della
eccezionalità del periodo che la scuola italiana e l’intera umanità improvvisamente hanno dovuto
affrontare.

Il titolo del volume che lei ha scritto – “Viaggio in Italia. Alla scoperta del patrimonio culturale di un
Paese ferito. Storia di un’esperienza di didattica a distanza al tempo del Coronavirus” – lascia immaginare
le mete e le finalità di questo viaggio. Tuttavia, può spiegare cosa ha ispirato l’ideazione del progetto
scolastico che ha realizzato con i suoi alunni?
Con il protrarsi del lockdown e della “didattica a distanza” il Ministero dell’Istruzione emanò una nota, e
precisamente la n. 388 del 17 marzo 2020, con la quale invitava i docenti a «riesaminare le progettazioni
definite nel corso delle sedute dei consigli di classe e dei dipartimenti di inizio d’anno, al fine di rimodulare
gli obiettivi formativi sulla base delle nuove attuali esigenze». In effetti, la “didattica a distanza” svolta nei
primi giorni dalla sua attivazione era priva di quello slancio necessario per rianimare le relazioni con gli
studenti. Non era possibile, infatti, continuare a svolgere l’attività scolastica come se nulla fosse cambiato,
continuare a spiegare, effettuare verifiche scritte, grafiche e orali senza tenere conto della realtà nella
quale ci trovavamo, della inedita metodologia didattica e soprattutto dello stato d’animo degli studenti.
Ricordo perfettamente la stanchezza e la demotivazione con la quale nei primi giorni di DaD gli alunni si
collegavano per seguire le lezioni. E non nascondo che la stanchezza e la demotivazione, a tratti, sfiorarono
anche me. Quel modo di fare scuola – per dirla con Alessandro D’Avenia – rappresentava «il necrologio di
un paziente moribondo» Tuttavia, come bene ha scritto Giovanni Floris nel libro “Ultimo banco. Perché
insegnanti e docenti possono salvare l’Italia”, «Un insegnante non ha scuse» e poiché «il suo compito resta
il più importante che una collettività possa immaginare», ho avvertito più che mai il dovere di dare tutto
me stesso e di rianimare il rapporto stanco e improduttivo che si era venuto a creare con i miei alunni nei
primi giorni di “didattica a distanza”. Per il raggiungimento di tale obiettivo è stato necessario porsi nei
confronti degli alunni con la massima empatia; provare a «riaccendere negli studenti il desiderio di sapere»,
di conoscere, di «scoprire nuovi mondi», per dirla con il noto Massimo Recalcati; cercare in tutti i modi di
trasformare quell’avversità in una opportunità.

Come è riuscito a dare nuova linfa al rapporto con i suoi alunni, a motivarli e ad affrontare insieme a loro
la “didattica a distanza” in un modo così efficace e – direi – salvifico, come emerge dai tanti
apprezzamenti ricevuti a tutti i livelli per il lavoro realizzato, come i complimenti dei sindaci di Bergamo,
Codogno e Vo’ Euganeo e finanche del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella?
Consentimi di precisare che gli apprezzamenti che hai menzionato, in vero, non sono giunti a me
personalmente ma sono stati recapitati alla Dirigente Scolastica dell’Istituto “Ugo Foscolo” di Canicattì,
Dott.ssa Rossana Virciglio, che in quel difficile periodo ha rappresentato per l’intera comunità scolastica
liceale canicattinese «un faro in un mare in tempesta». Nei mesi successivi alla stampa del volume, la
Dirigente Scolastica ha ritenuto di inviare alcune copie alle istituzioni con le quali la scolaresca era entrata
in contatto e ai tanti relatori conosciuti durante il lockdown e la pandemia nelle numerose videoconferenze
realizzate per conoscere il patrimonio culturale delle città della Lombardia e del Veneto maggiormente
colpite dalla diffusione del Coronavirus. Ciò premesso, l’idea progettuale in parte è stata suggerita dagli
alunni, alcuni dei quali in quel periodo mi chiedevano con curiosità se fossi mai stato nelle città che ogni
giorno venivano menzionate nei telegiornali per il numero dei contagi da Coronavirus, in particolare
Bergamo, Codogno e Vo’ Euganeo; queste ultime due prime “zone rosse” in Italia unitamente ad altri nove
comuni. La curiosità degli studenti verso quelle città, innescò in me delle riflessioni. Poi, un giorno vidi in
televisione l’intervista al sindaco di Codogno Francesco Passerini, realizzata davanti alla chiesa di San Biagio
e della Beata Vergine Maria, in Piazza XX Settembre. Mentre ascoltavo le dichiarazioni del primo cittadino
codognese, fui attirato dalla bellezza della chiesa cha faceva da sfondo all’intervista: una sobria ed elegante
chiesa rinascimentale, con un delizioso protiro e una raffinata serliana sovrastata da una nicchia
contenente la statua di San Biagio. Ebbene, in quel momento capii che un modo per rimodulare la
progettazione disciplinare della mia materia – la Storia dell’arte – e per rianimare il rapporto con i miei
alunni poteva essere quello di andare alla scoperta della storia e delle bellezze artistiche e paesaggistiche
delle città e dei territori maggiormente colpiti dal Coronavirus. Il giorno successivo proposi il progetto agli
alunni e così ebbe inizio questa meravigliosa avventura che ha consentito a docenti e alunni di valicare i
confini della propria abitazione e di fare nuove conoscenze sia sotto il profilo culturale, sia sotto il profilo
umano. Numerose sono, infatti, le persone conosciute durante il lockdown, da remoto, e nell’anno
scolastico successivo con la “Didattica Digitale Integrata”, come gli studenti e i docenti del Liceo Classico e
Scientifico “Giuseppe Novello” di Codogno, con il quale istituto è stato realizzato uno straordinario progetto
di gemellaggio, che un quotidiano definì “storico”.

Oltre agli obiettivi didattici, quali finalità educative sono state raggiunte con questo progetto?
Ti ringrazio per la domanda. In effetti, oltre agli obiettivi didattici sono stati conseguiti rilevanti obiettivi
educativi, come l’accrescimento della consapevolezza dell’importanza del patrimonio culturale sia esso
locale, regionale, nazionale e di altri Paesi del mondo; lo sviluppo del senso di rispetto dei beni culturali e
conseguentemente della collettività della quale essi sono espressione; l’incremento del senso civico e della
comprensione dei problemi che possono affliggere una comunità, un Paese o l’intera umanità; lo sviluppo
della capacità di saper manifestare vicinanza e solidarietà al prossimo che versa in difficoltà attraverso la
realizzazione di atti concreti. Ma si può manifestare solidarietà, sincera solidarietà al prossimo, solo se di
questi se ne conosce la cultura, come sosteneva Philippe Daverio, secondo il quale «La cultura serve a
capire l’altro e questo genera solidarietà».

Possiamo dire che durante il lockdown, con l’inedita e controversa “didattica a distanza”, lei i suoi alunni
e l’intera comunità scolastica dell’istituto “Ugo Foscolo” avete unito l’Italia. Almeno quella scolastica.

Che ruolo ha avuto la Storia dell’arte, ovvero la materia che lei insegna, nella ideazione, realizzazione e
riuscita del progetto?
Indubbiamente insegnare una materia come la Storia dell’arte ha favorito il concepimento del progetto.
L’arte, infatti, è uno strumento di coesione sociale. L’arte unisce. Ebbene, in un periodo nel quale a causa
della diffusione del Coronavirus, talvolta nel Paese si sono verificati atteggiamenti di diffidenza e di paura
dell’”altro”, che in certi casi hanno rischiato di trasformarsi in una vera e propria «caccia all’untore» – per
citare una locuzione manzoniana – ecco che l’arte, la scoperta del patrimonio culturale delle città delle
regioni del Nord-Italia maggiormente colpite dal Covid-19, avvenuta attraverso un viaggio virtuale
effettuato da remoto, si è rivelato uno strumento di coesione sociale che ha accresciuto in ognuno
quell’”orgoglio di essere italiani” che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sin dall’inizio della
pandemia, a invitato tutti quanti a ritrovare in un periodo così difficile per il Paese.
Link progetto: https://simi.new.istruzione.site/agis00100x/progetto-siamotuttiitaliani.html