L’autolesionismo

Con il termine di “Auto-danneggiamento intenzionale” si fa riferimento a tutti quei comportamenti deliberatamente orientati al provocarsi dolore fisico la cui messa in atto consente di focalizzare la propria attenzione sul dolore fisico. Le motivazioni sottostanti sono in genere relative la necessità di uscire da uno stato di profondo vuoto per riconnettersi alla realtà e la gestione di stati emotivi spiacevoli percepiti come altrimenti non maneggiabili.

Il comportamento autolesionistico sposta così l’attenzione dal dolore emotivo a quello fisico, vissuto come più tollerabile. Comprende un ventaglio di comportamenti patologici, riconducibili a tre categorie principali: le condotte di auto-danno (l’abuso di sostanze psicoattive), le condotte di auto-avvelenamento (l’ingestione di sostanze tossiche e l’overdose di droghe), le condotte autolesive (tagliarsi e bruciarsi). L’autolesionismo è espressione di un forte stress emotivo, un grave senso di colpa o un pensiero angoscioso difficilmente superabile. Al contrario di come si può pensare, raramente chi soffre di autolesionismo vuole suicidarsi o ha tendenze suicide: i comportamenti suicidari sono forme estreme di autolesionismo. Le condotte di auto-ferimento sono più frequenti e meno gravi rispetto ai comportamenti messi in atto nel suicidio, ma soprattutto non hanno come obiettivo quello di porre fine alla propria vita, il gesto autolesivo può costituire piuttosto, una modalità di comunicazione o una auto-punizione. L’autolesionismo è molto diffuso tra gli adolescenti.

Guarire è importante, per la cura dell’autolesionismo il trattamento più diffuso ed efficace è la
psicoterapia cognitivo-comportamental che propone di aiutare i pazienti ad individuare i pensieri
ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di
sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali, il tutto chiaramente accompagnato da una
terapia familiare od altro che risulti funzionale alla risoluzione del trauma. Gran parte della possibilità dei medici di diagnosticare con accuratezza l’autolesionismo dipende dalla sincerità dell’individuo sotto esame. Le persone autolesioniste tendono a mentire in merito ai propri disturbi e, spesso, i percorsi di diagnosi risentono di questo anomalo comportamento. La consapevolezza, da parte dei soggetti autolesionisti, di aver bisogno di assistenza è il punto di partenza per la descrizione precisa del disturbo in atto e per il raggiungimento della guarigione. In ogni caso se quest’aiuto non fosse possibile è necessario evitare che l’autolesionismo degeneri in suicidio, diminuire la frequenza dei comportamenti autolesivi, ridurre i comportamenti a rischio e migliorare la socialità, la capacità di adattamento, la qualità di vita. Ma soprattutto è cruciale riuscire a saper gestire o regolare le emozioni per affrontare la sofferenza, cercando di interrompere il circolo vizioso disfunzionale. In questi casi è comunque importante rivolgersi a un professionista (psicologo, psicoterapeuta o psichiatra) il prima possibile per evitare che il disturbo diventi cronico, avvisare i genitori o un adulto competente e chiedere aiuto.

Vincenza Bordonaro IIICC